In accordo con le Linee Guida SIGU (Società Italiana Genetica Umana) e ISFG (International Society for Forensic Genetics) di cui il dr. Sebastiano Bianca è socio.

Il test di paternità si basa su una analisi del DNA che studia la presenza di polimorfismi (cioè di normali variazioni che sono presenti a livello di molte regioni del genoma di ogni individuo).

Lo studio di un determinato numero di polimorfismi permette per ciascun individuo di derivare un profilo genetico individuale. Il test consiste, generalmente, in un prelievo di sangue periferico/tampone buccale, estrazione del DNA e determinazione del profilo genetico che può essere comparato successivamente, attraverso l’utilizzo di sistemi statistici informatizzati, con quello di un altro individuo.

Il test di paternità si basa sul principio che ogni individuo eredità il proprio patrimonio genetico dai genitori, il 50% dal padre ed il 50% dalla madre, e consiste nel confrontare le caratteristiche genetiche del figlio oggetto di indagine di paternità con quelle del presunto padre e della madre. Il test di paternità stabilisce se un presunto padre è di fatto il padre biologico del bambino/a.

La paternità è accettata dalla giurisprudenza italiana quando la probabilità di paternità supera il valore del 99,72%.

La scelta dei markers genetici da utilizzare è volta a soddisfare criteri di efficacia nell’analisi, di validazione in ambito forense e di disponibilità di “database” e di frequenze geniche nella popolazione di riferimento. Nella ricerca biologica di paternità e maternità oggi è possibile non solo escludere il rapporto parentale ma anche fornire prove positive di paternità, maternità e altre relazioni di parentela.

Le prove di laboratorio utilizzano marcatori genetici dotati di alto grado di variabilità ed altamente affidabili. Tutte le prove di accertamento parentale devono concludersi con la valutazione probabilistica delle prove di compatibilità ovvero l’enunciazione chiara delle incompatibilità.

In casi particolari, cioè in assenza della madre, ovvero del padre, nel caso di soggetti deceduti, le indagini sono comunque possibili attraverso analisi su consanguinei (ascendenti o discendenti), analisi su reperti d’autopsia previa esumazione del cadavere, indagini sul cromosoma Y in caso di discendenza maschile.

Il cromosoma Y è trasmesso dal padre esclusivamente ai discendenti del sesso maschile. Nella popolazione umana questo cromosoma si caratterizza per un elevato grado di polimorfismo, quindi attraverso l’analisi di regioni (loci) polimorfiche presenti su di esso è possibile determinare se su due o più soggetti di sesso maschile hanno lo stesso ascendente in linea maschile, il grado di questa parentela e se tutti sono i membri della stessa famiglia. Gli aplotipi del cromosoma Y (profilo genetico determinato dall’insieme delle caratteristiche genetiche o alleli associati sul cromosoma Y), vengono in genere ereditati come un’unità (in blocco).

Ciò consente di determinare nella linea ancestrale un legame paterno comune. Osservando i marcatori del cromosoma Y in tutti i maschi della stessa discendenza paterna ci si può aspettare che tutti i maschi correlati abbiano in comune gli stessi alleli del cromosoma Y (e quindi il medesimo profilo), perciò profili identici Y-STR indicano l’attribuzione in una determinata famiglia, mentre profili diversi indicano l’esclusione. Il test del DNA per l’attribuzione o esclusione di paternità si può effettuare anche utilizzando dei tamponi buccali. Il prelievo è quindi rapido, indolore e non invasivo.