A cura di Claudia Di Napoli – Medico Genetista
La Malattia di Huntington (HD) è una malattia neurodegenerativa rara, ereditaria, causata da una mutazione nel gene HTT. L’alterazione genica consiste in un’espansione anomala delle ripetizioni “CAG”, che porta alla produzione di una proteina alterata (huntingtina mutata, mHTT). Questa proteina danneggia progressivamente i neuroni, in particolare localizzati nel nucleo striato e nella corteccia cerebrale, causando la triade clinica tipica: movimenti involontari (corea), deterioramento cognitivo e disturbi psichiatrici.
La trasmissione è autosomica dominante, pertanto un soggetto affetto ha il 50% di probabilità di trasmettere la copia alterata del gene HTT e pertanto di concepire figli affetti dalla condizione.
Attualmente non esiste (ancora) una cura definitiva: le terapie disponibili sono sintomatiche e non modificano il decorso della malattia.
Perché la terapia genica è una speranza concreta?
La HD è una condizione causata da un unico gene mutato, e questo la rende un bersaglio ideale per la terapia genica, che mira a correggere o compensare il difetto alla radice.
Gli obiettivi principali della terapia sono ridurre la produzione della proteina mutata, proteggere le cellule neuronali e rallentare la progressione clinica. A tale scopo è fondamentale agire il più precocemente possibile, prima della perdita irreversibile delle cellule nervose.
Strategie in studio
Le principali linee di ricerca comprendono le seguenti terapie geniche:
- Antisense oligonucleotidi (ASO): uso di piccoli frammenti di DNA sintetico progettati per legarsi in modo complementare all’mRNA del gene HTT (che serve da stampo per produrre la proteina huntingtina). Quando l’ASO si lega all’mRNA, questo viene degradato o bloccato, impedendo la sintesi della proteina tossica e riducendo i livelli di huntingtina mutata nei neuroni. Gli ASO non attraversano la barriera emato-encefalica, quindi vengono somministrati per via intratecale (iniezione nel liquido cerebrospinale, tramite puntura lombare). Il trattamento va ripetuto periodicamente.
- RNA interference (RNAi): uso di piccoli RNA (siRNA, shRNA, microRNA) per degradare l’RNA messaggero dell’HTT mutato (microRNA anti-HTT), abbassando i livelli di proteina tossica. I microRNA non possono attraversare la barriera emato-encefalica facilmente. Per questo, spesso viene inserito un gene che produrrà RNA interferenti in vettori virali adeno-associati (AAV) che lo trasportano direttamente nei neuroni.
- Editing genico (CRISPR/Cas9 e derivati): modificare direttamente il DNA dell’HTT per correggere la mutazione o inattivare la copia del gene mutata. I primi studi su cellule derivate da pazienti hanno mostrato risultati incoraggianti.
Dai modelli animali ai primi studi clinici
Negli ultimi anni, diversi studi preclinici hanno dimostrato che la riduzione della proteina mHTT nei modelli animali rallenta la neurodegenerazione.
Il passo più significativo è però stato attualmente raggiunto dalla terapia genica AMT-130 (uniQure) come dimostrato dallo studio che ha coinvolto 29 pazienti affetti da HD.
La terapia si basa su un vettore virale innocuo (AAV5) che introduce un microRNA anti-HTT direttamente nel nucleo caudato e nel putamen, mediante una procedura di neurochirurgia guidata.
Il microRNA lega l’RNA messaggero dell’huntingtina silenziandolo e quindi riducendo la produzione della proteina tossica.
I dati preliminari più recenti (settembre 2025) a 36 mesi di follow-up indicano, nella coorte ad alto dosaggio, , un rallentamento medio della progressione clinica fino al 75% rispetto ai controlli esterni, secondo la scala di valutazione composita UHDRS (Unified Huntington’s Disease Rating Scale). Inoltre, è stata osservata una riduzione di biomarcatori di danno neuronale (catene leggere dei neurofilamenti).
In entrambe le coorti di dosaggio la terapia è stata ben tollerata dai pazienti inclusi negli studi.
Si tratta di risultati iniziali, da confermare in studi più ampi, ma rappresentano un punto di svolta nella storia della ricerca sulla HD.
Sfide ancora aperte
Nonostante gli enormi progressi della ricerca, rimangono importanti ostacoli sui quali lavorare.
In primis la diffusione della terapia, ovvero raggiungere uniformemente tutte le aree cerebrali colpite. La sicurezza a lungo termine, valutando il rischio di effetti collaterali da riduzione anche dell’allele sano oltre che le eventuali conseguenze della risposta immunitaria ai vettori virali utilizzati.
Ad oggi non è inoltre chiaro se una singola somministrazione, one-shot, sarà sufficiente.
Infine, come per tutte le terapie geniche avanzate, la sostenibilità economica e quindi l’accessibilità alla cura sarà cruciale.
Conclusioni
La terapia genica per la Corea di Huntington è passata da ipotesi teorica a sperimentazione clinica concreta.
I primi risultati – in particolare con AMT-130 – aprono la strada a nuove possibilità terapeutiche, sebbene servano prudenza e ulteriori conferme.
Nonostante i limiti ancora da superare, per i pazienti e le famiglie colpite da questa grave malattia, la ricerca offre finalmente una prospettiva realistica di intervento alla radice (genetica) del problema.
Bibliografia
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